CARCERE CIRCOLARE
U N M A N I F E S T O
Punti programmatici, orientati a un approccio transdisciplinare, per la trasformazione da carcere retributivo a carcere rigenerativo
28 Gennaio 2021
PREMESSA
I due decenni appena trascorsi hanno visto l’avvicendarsi di crisi di ampia portata che hanno toccato ambiti nevralgici della società e influito sugli equilibri dell’ecosistema: dalla destabilizzazione geopolitica ai dissesti finanziari, dall’emergenza pandemica all’entropia ambientale, ogni momento di frattura ha compromesso, in tempi ravvicinati e quasi senza eccezioni geografiche, le condizioni primarie di integrità della convivenza umana, delle sue forme organizzate ed il rapporto con il mondo naturale. L’interconnessione globale che incrementa la complessità di cui siamo parte ha reso evidente che il rischio di collassamento è una dimensione strutturale delle nostre società, evolute e tuttavia fragili. A questo genere di eventi non è sufficiente rispondere con misure di emergenza. E’ necessario, piuttosto, cogliere nel presente i segni della vulnerabilità sui quali intervenire al fine di rimuovere con lungimiranza gli ostacoli al loro superamento. Un siffatto modo di concepire l’impegno per la realizzazione di una società più giusta e all’altezza dei mezzi intellettuali, materiali e tecnologici di cui dispone è diffuso più di quanto si possa immaginare. E’ condiviso da accademici ed esperti di varie discipline, da associazioni, organizzazioni e reti di partecipazione attiva: una galassia composita e in fermento che ruota intorno alla rivalutazione del bene comune, della responsabilità condivisa e della riduzione della marginalità in ogni sua manifestazione come premessa per la costruzione del futuro prossimo. La realtà carceraria, apparentemente la meno meritevole di attenzione tra le forme di marginalizzazione esistenti, è in realtà tra le più critiche e destabilizzanti per il rischio concreto del non ritorno dei ristretti, una volta usciti fisicamente dal carcere, alla riabilitazione umana e sociale che le stesse istituzioni dichiarano essere la finalità della pena. Il Manifesto del carcere circolare che qui presentiamo prende le mosse dal presupposto che per rispondere coerentemente allo spirito delle norme che la governano, l’istituzione carceraria necessita di un ripensamento sistemico che promuova il passaggio dalla funzione di contenimento dei soggetti in quanto reclusi a incubatore di forme evolute di convivenza. Tale riorientamento non può che essere concepito con ampiezza transnazionale e come contributo ad una più ampia intelligenza collettiva. Se la globalizzazione ha spalancato il mondo, è in modo globale e interconnesso che dobbiamo pensare e agire per cambiarlo.
VERSO UN “CARCERE CIRCOLARE”
Pensare a un «carcere circolare», introducendo un principio di circolarità all’interno dello spazio della detenzione, significa compiere un grande sforzo di immaginazione a partire dalla necessità di riconsiderare l’organizzazione degli spazi, ma anche le biografie individuali e le relazioni sociali interne, come luoghi della rigenerazione.
Il carcere, come dispositivo fisico, non può considerarsi slegato dal contesto a cui appartiene, ma occasione di nuove forme di relazione con gli spazi urbani. I suoi confini possono diventare un margine attivo di connessione articolando spazi e servizi integrati in grado di attivare scambi reciproci.
Se guardato come dispositivo performativo, il carcere può consentire la gestione e la chiusura di una serie di flussi metabolici che lo attraversano: processi di riciclo con riferimento ai rifiuti organici e inorganici; forme di produzione alimentare; produzione di energia rinnovabile; capacità di assorbire e sequestrare carbonio.
Da un punto di vista sociale e culturale, pensare a un carcere circolare, significa attivare una serie di processi virtuosi di rigenerazione interna che riguardino i modi in cui i detenuti non costituiscano scarto, ma una nuova risorsa sociale. Con l’apporto di attività di consulenza filosofica, didattiche, legate al lavoro e alle pratiche dello sport, il detenuto può riabilitare la propria esperienza di vita e migliorare la propria condizione esistenziale, di recupero e reinserimento.
Attorno a una possibile transizione da un’idea di carcere come contenitore a una forma di carcere circolare, questo manifesto raccoglie una serie di principi che definiscono la cornice e orientano l’attenzione verso la costruzione di un progetto innovativo per un carcere europeo contemporaneo.
MANIFESTO
Questo Manifesto rappresenta un documento programmatico che enuncia una serie di princìpi per la realizzazione di un Carcere basato su un modello di circolarità e sostenibilità in grado di rigenerare persone, spazi e risorse.
L’idea di “Carcere Circolare” si riconosce nel rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (OHCHR), in accordo con la Costituzione, le Regole Penitenziarie (EPR) e le indicazioni del Consiglio d’Europa (2006).
I differenti princìpi possono essere articolati in 4 principali gruppi: i punti dall’1 al 5 riguardano il rapporto tra l’individuo e la comunità; i punti 6, 7 e 8 riguardano le attività che possono essere svolte all’nterno del carcere; i punti 9 e 10 riguardano il carcere come sistema aperto e circolare entro un cornice di sostenibilità; i punti 11, 12 e 13 riguardano la dimensione di protezione e di cura.
1. Il Carcere Circolare pone il ristretto al centro di un processo virtuoso di rigenerazione e di ricostruzione di sé favorendo l’assunzione di un atteggiamento responsabile.
2. Nel Carcere Circolare ogni detenuto si trova all’interno di un contesto nel quale si attivano forme di inclusione, partecipazione attiva e collaborazione, orientate alla creazione di valore nei diversi modi dell’agire.
3. Nel Carcere Circolare il lavoro è considerato luogo della formazione come pratica riflessiva, modo della condivisione sociale e dell’apprendimento individuale e collettivo.
4. Il Carcere Circolare si configura come una comunità ecosistemica costituita dai diversi soggetti nei loro differenti ruoli (ristretti, dipendenti, familiari, operatori esterni).
5. Nel Carcere Circolare il detenuto ritrova il carattere di una “città analoga”, un microcosmo che replica lo spazio della città nel quale è possibile fare esperienza di un modo diverso di stare in vista del proprio reinserimento nella società civile.
6. Il Carcere Circolare promuove la formazione multiculturale di livello superiore, universitaria e specialistica, anche attraverso l’utilizzo di adeguate piattaforme tecnologiche.
7. Il Carcere Circolare diventa fabbrica di ricerca e di sperimentazione, incubatore di processi innovativi per l’accrescimento del patrimonio di conoscenze e saperi per l’intera società.
8. Il Carcere Circolare produce beni e servizi per la collettività, interna ed esterna, valorizzando e rigenerando le risorse nelle varie attività: agricola, artigianale, manifatturiera e dei servizi.
9. Il Carcere Circolare non è separato dal territorio ma ne è parte integrante e considera il proprio confine, concettuale e fisico, come superfice permeabile e osmotica con gradi diversi di apertura. Esso attiva e facilita i flussi economici, intellettuali, di comunicazione, apprendimento e di relazione.
10. Il Carcere Circolare si basa su un principio di sostenibilità e di circolarità nelle forme di produzione economica (p. es. permacoltura), ambientale (energia rinnovabile, riciclo dei rifiuti, ecc. ) e sociale (equità, riparazione, nuovo ruolo).
11. Nel Carcere Circolare è fondamentale la protezione della vita della comunità dei ristretti attraverso un principio di cura. Consulenza filosofica, sostegno psicologico, presidi sanitari costituiscono l’infrastruttura sociale per una vita protetta anche in previsione di eventi pandemici.
12. Nel Carcere Circolare il tempo assume consistenza passando da tempo “amministrato” a tempo “rigenerato”, costruendo una diversa dimensione dello stare e del reciproco relazionarsi, con ritorni positivi sul funzionamento e sul clima organizzativo.
13. Nel Carcere Circolare la sicurezza non è costrizione bensì esito di un processo costruttivo e di mediazione tra agenti e popolazione carceraria basato sull’accettazione di regole condivise in funzione del ritorno del ristretto alla condizione di cittadino libero e responsabile.
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